SINTESI DELLE “REGOLE” DELLA COMUNICAZIONE TERAPEUTICA .
Joy Duxbury nel suo manuale “Il paziente difficile: modalità di comunicazione” espone una serie di regole della comunicazione terapeutica finalizzata ad offrire alla relazione infermiere-paziente un criterio globale per gestire nel migliore dei modi i rapporti quotidiani.
Le “regole” cui fa riferimento sono 27.
- Essere un individuo diverso da chiunque altro! La prima regola afferma che “gli infermieri hanno la possibilità di rappresentare dei fattori di cambiamento e di stabilire dei precedenti per una buona comunicazione e per una buona pratica”. Nasce da questa nuova consapevolezza l’esigenza di superare i limiti imposti dalla consuetudine che imponeva di eseguire determinate operazioni solo perché in precedenza “si era sempre fatto così”. Si riconosce, invece, nella valorizzazione delle capacità individuali dell’operatore sanitario la possibilità di effettuare un salto qualitativo nella pratica comunicativa. Le diverse strategie, tecniche e atteggiamenti personali possono costituire il tratto distintivo tra un operatore ed un altro. Ogni infermiere, quindi, dovrebbe porsi come individuo capace di interagire nei confronti degli altri attraverso le sue qualità, le sue capacità, le sue caratteristiche , le sue peculiari risorse personali.
- Non essere né invadente, né opprimente. La seconda regola prevede che, nella relazione comunicativa, l’infermiere si debba configurare come una persona avvicinabile nel senso di permettere al malato di stabilire liberamente il contatto utilizzando propri tempi e ritmi. Accade, invece, di frequente che l’infermiere si pone nei confronti del malato cercando “di fare troppo, troppo incisivamente e troppo presto” ciò che suppone sia di particolare importanza fare, in quel momento, per quel paziente. Un suggerimento comportamentale utile in queste situazioni potrebbe essere il seguente: “cercate di avere pazienza e date segni frequenti, verbali e non verbali, che incoraggino lo sviluppo di un rapporto di fiducia.
- Rispettare i confini del paziente: non cercare di indurre troppo presto un rapporto confidenziale. E’ importante prendere in considerazione che l’intimità tra operatore sanitario e malato non può essere frutto solo di attesa. L’intimità dovrebbe essere “meritata”. Occorre, innanzitutto, instaurare un certo grado di rapporto con i pazienti fondato sul rispetto e sulla fiducia reciproca prima di poter passare ad un contatto più confidenziale e stretto.
4 Non dire al paziente cosa deve fare: usare la trattativa Una delle difficoltà maggiori che ostacolano l’instaurarsi di un rapporto ottimale tra infermiere e malato sembra essere costituito dal fatto che l’operatore sanitario ritenga che “il paziente una volta varcate le soglie dell’ospedale, diventi di proprietà di coloro che lo assistono”. Non deve essere l’ospedale ad imporsi con la sua pratica ripetitiva ma, devono essere ascoltati i bisogni dei malati cercando di offrire disponibilità e comprensione; cercare di adottare comportamenti idonei che permettano un avvicinamento al malato, ascoltando i suoi bisogni individuali, cercando di inserirli efficacemente tra le diverse attività che caratterizzano l’ambiente sanitario.
5 Non aprirsi troppo presto: la regola dell’offerta della confidenza. Offrire confidenza costituisce un aspetto di particolare interesse nella relazione infermiere-paziente. La strategia ottimale si sta nell’agire secondo i dettami che provengono dal proprio istinto: se pensiamo che durante una relazione con il paziente quello sia il momento giusto per poter entrare in confidenza con lui e aprirsi ulteriormente, allora, dovremmo farlo.
6 Essere franchi! Non significa necessariamente dover dire la verità al malato a tutti costi e in tutte le circostanze. Non significa dire sempre di “si” al malato o riferirgli ciò che desidera sentirsi dire. E’ opportuno mettere in evidenza che vi sono situazioni in cui terapeutico sarà potergli dire di “no” e stabilire dei confini netti tra lui e voi. Ma, essere franchi vuol dire, soprattutto, essere consapevoli di poter affrontare responsabilmente la situazione che si sta vivendo.
7 Dedicare tempo a ciascuno rapporto infermiere-paziente. Ci vuole del tempo per poter instaurare una relazione umana. In passato ma anche oggi, nella pratica clinica la mancanza di tempo è molto spesso la causa principale che determina il diffondersi di tipologie con le quali vengono classificati i malati ( aggressivo, tossico, alcolizzato, ecc.). Bisogna tenere in seria considerazione che, per poter entrare in contatto con gli altri in modo autentico ed efficace è indispensabile dedicare del tempo.
8 Avere il coraggio di avvicinarsi al paziente. “Gli infermieri per la natura della loro professione, devono essere preparati ad avere coraggio di avvicinarsi al paziente e devono avere modo di farlo”. Con tale affermazione si tende ad abbandonare sia la concezione secondo la quale l’infermiere dovrebbe assumere un comportamento distaccato, asettico nei confronti del malato sia quella che lo vorrebbe, invece, totalmente coinvolto. Per tale motivo, l’atteggiamento auspicabile dovrebbe essere quello di avvicinarsi alla persona resa vulnerabile, confusa e bisognosa d’aiuto a causa della sua patologia.
9 Ammettere: “voglio che tu faccia come me”. Capita di frequente nella pratica clinica che comportamenti aggressivi e difficili espressi dai malati vengano percepiti dall’operatore sanitario come se fossero degli attacchi rivolti alla sua persona. Ciò può accadere perché anche l’operatore sanitario, in quanto persona, è soggetto a proprie insicurezze, paure, che lo fanno sentire vulnerabile e fragile.
10 Fare la prima mossa. La regola invita gli operatori sanitari ad essere loro, per primi, ad adottare comportamenti di “apertura” nei confronti dei malati . Questa esigenza nasce dalla considerazione che esiste un’evidente “disparità di forze “ tra ciò che esperisce il malato e l’infermiere. Il malato ricoverato in ospedale si trova in una situazione, potremmo dire, di “vulnerabilità” rispetto al personale sanitario. “Fare la prima mossa” significa, allora, modificare tale percezione del contesto e ciò è reso possibile, soprattutto, dal coinvolgimento personale dell’infermiere. Con esso s’intende, infatti, che l’operatore sanitario debba essere in grado di valutare “il livello di coinvolgimento” individuale al fine di poter controllare le proprie risposte e i propri comportamenti dal momento che essi possono influenzare direttamente quelli dei malati.
11 Concentrarsi sull’interesse che si prova. Può accadere che la nostra capacità di entrare in relazione con gli altri possa subire un arresto a causa “dell’interferenza di vari fattori, come la paura del rifiuto e dell’insuccesso, o la mancanza di fiducia in se stessi”. Il risultato è che il soggetto si innervosisce percependosi come incapace di essere “all’altezza della situazione”. Un modo per superare questa situazione difficile potrebbe essere quello di concentrare la propria attenzione sull’interesse. Bisogna credere fermamente in se stessi in tutte le situazioni ricordando che tale consapevolezza deve essere considerata come un’abilità e in quanto tale perfezionabile con la pratica.
12 Addestrarsi a “essere chiunque” piuttosto che a “essere qualcuno”. Nella percezione del nostro ruolo professionale, inevitabilmente, siamo soggetti alle influenze provenienti dall’ambiente socio-culturale nel quale siamo cresciuti e vissuti. La nostra società propone come modello al quale conformarsi, quello di essere qualcuno a tutti i costi.
In realtà tale modello presenta molti limiti e in particolare educa ad “enfatizzare troppo le differenze individuali” con il risultato che molti malati “vengano percepiti come diversi.
Educare ad “essere chiunque” si propone di suscitare sentimenti in cui la sintonia costituisce il fondamento su cui costruire la relazione interpersonale.
13 Applicare la “Legge del minimo sforzo” Questa legge si basa “sul principio secondo cui la via migliore può essere ricercata con il minimo sforzo”. Per quanto riguarda gli infermieri ciò significa che essi “non devono, di solito, sforzarsi di assistere ma, semplicemente, assistere; quando le azioni sono motivate da un approccio di assistenza, lo sforzo impiegato è minore”. Spogliarsi delle difese personali non è un atto di debolezza ma la strategia ottimale per avvicinare il malato coinvolgendolo in una relazione cooperativa.
14 Trasformare il conflitto in collaborazione. Un rapporto di conflittualità può venirsi a creare tra infermiere e paziente per diversi motivi ma, generalmente, si instaura ogni qualvolta un comportamento venga percepito come aggressivo o non collaborativo da parte di entrambi gli interlocutori. Tale conflitto è alla base di atteggiamenti ostili, sospettosi, ansiosi con l’esito di produrre comportamenti di non collaborazione reciproca. E’ utile adottare un modello di “collaborazione” capace di sostituire quello “del dominio”. Nel modello della collaborazione l’enfasi viene posta sulla capacità dell’operatore di favorire “il compromesso mediante il quale il problema o il dilemma deve essere compreso , ponendosi nel punto di vista del paziente”. Per il conseguimento di tale obiettivo dovrebbe essere sviluppata l’abilità della “contrattazione” attraverso la quale, con modalità diverse di ritmo, di tempo e con una utilizzazione efficace dell’empatia, possono “stabilirsi punti di vista alternativi”. Affinché un conflitto possa trasformarsi in un’opportunità di collaborazione proficua tra i soggetti coinvolti.
15 Sforzarsi di comprendere l’individuo La comprensione dell’individuo origina dalla capacità che il soggetto ha di instaurare un rapporto empatico. Più egli investirà nel condividere il punto di vista dell’altro maggiore sarà il grado di comprensione produttiva della persona che ci chiede aiuto.
16 Occuparsi della “piccole cose” Le relazioni umane si caratterizzano per la complessità degli elementi che intervengono a determinarle. La possibilità che esse possano consolidarsi, approfondirsi dipende il più delle volte dalla capacità che i soggetti coinvolti hanno di conferire valore anche alle “piccole cose”. Nella relazione infermiere- malato, a volte, la routine e la frenesia delle operazioni sanitarie non permettono che gesti quali una particolare cortesia, un sorriso, una mano sulla spalla al momento giusto possano avvenire.
Conferire valore alla quotidianità rende eccezionale, agli occhi del paziente, il comportamento di un infermiere rispetto ad un altro.
17 Rispettare gli impegni presi E’ di particolare importanza che una promessa o un impegno preso venga mantenuto. Per tale motivo ogni volta che l’infermiere si impegna personalmente a soddisfare un bisogno espresso dal malato dovrà cercare di portarlo a termine affinché non venga meno la fiducia del paziente nei suoi confronti.
18 Chiarire al paziente ciò che lo attende La regola mette in evidenza che molti dei comportamenti ritenuti difficili adottati dai malati sono da attribuire alle loro aspettative le quali, non sempre, coincidono con quelle degli operatori sanitari. Il malato interpreta e anticipa l’esperienza del ricovero e della sua malattia in base alle caratteristiche ascrivibili alla sua personalità, cultura, status sociale, ecc. Pertanto, è importante che vengano fin dall’inizio chiarite le aspettative.
19 Dimostrare integrità personale Molte persone non riescono a captare la nostra fiducia perché risultano essere “in contrasto con se stesse”. Nelle relazioni umane un modo per “manifestare integrità è di essere leali verso coloro che non sono presenti”. Questa affermazione presuppone che, chi è integro, concepisca i rapporti con gli altri fondati sul rispetto reciproco. Ecco perché, nella pratica clinica, ogni qual volta si dovesse verificare un disaccordo con un malato, l’infermiere dovrebbe cercare di affrontarlo “nell’ambito privato di un confronto faccia a faccia”.
20 Non avere paura di scusarsi Nelle dinamiche di reparto gli infermieri “rappresentano spesso il contatto più immediato per i pazienti e si trovano comunemente in posizioni nelle quali sono costretti ad agire come negoziatori o mediatori”. Così, l’infermiere non potendo modificare le situazioni che non dipendono dalla sua volontà o capacità, potrà mettere in atto l’unica manovra di controllo utile in queste circostanze: concentrarsi su come comunicare al malato il verificarsi degli eventi.
21 Mettere in pratica le regole senza stancarsi.
22 Ripassare le regole: non scoraggiarsi.
23 Non smettere di attenersi alle regole Regola numero
24 Non prendere il rifiuto in chiave personale Molte situazioni pongono gli infermieri a dover comunicare con pazienti che, fin dall’inizio, manifestano comportamenti ostili e aggressivi per motivi diversi. Se questi comportamenti fossero interpretati come un “attacco personale” nei confronti dell’infermiere , la reazione naturale sarebbe quella di allontanare tali individui ignorandoli o stando sulle difensive dimenticando che “i pazienti tendono a comportarsi in modo ostile o a intralciare la nostra attività quando si sentono essi stesi minacciati, provocati o frustati”.
25 Cercare di conoscersi: l’arte dell’autoconsapevolezza. E’ importante avere la consapevolezza che, in quanto esseri umani, non possiamo risolvere sempre qualsiasi problema. A volte, le difficoltà presenti in una situazione sono talmente complesse che superano le nostre reali capacità di soluzione del “problema”. L’infermiere dovrebbe tendere a conoscere se stesso individuando ciò che realmente è in grado di affrontare. Tale atteggiamento pone le condizioni per una presa di coscienza seria ed equilibrata dei diversi livelli di difficoltà che caratterizzano le varie situazioni comunicative.
26 Non aver paura di far ricorso al confronto diretto quando è necessario. Tra gli interventi di aiuto vengono descritti quelli di confronto e di catarsi finalizzati alla “liberazione dalle emozioni” e questo tipo di manifestazione si configura come un momento particolarmente difficile della comunicazione tra infermiere e paziente.
27 Aspettarsi di sbagliare qualche volta ed essere pronti a imparare La parola d’ordine è credere in se stessi!Nella pratica clinica, inevitabilmente, si potranno esperire situazioni professionali fallimentari nelle quali verranno invalidate le nostre aspettative nonostante siano state, rispettate le regole fondamentali che caratterizzano la buona riuscita della relazione comunicativa.
L’insuccesso, però, non deve dare ragione del sorgere di comportamenti di abbandono delle regole terapeutiche o di atteggiamenti di disillusione e sfiducia da parte dell’infermiere. E’ infatti, necessario mettere in evidenza che là dove si dovesse verificare un fallimento questo dovrebbe essere inteso come un nuovo nucleo dal quale poter generare ulteriori riflessioni di crescita .